Lunga intervista in due parti con l’ex campione del mondo del 1982 con l’Italia Fulvio Collovati. Di mestiere difensore, una storia calcistica lunga 18 anni passando tra i club più forti del nostro campionato (tra cui la Roma), con lui abbiamo parlato del fallimento della Nazionale azzurra agli Europei in Germania. Collovati parla, a ragione e senza girarci attorno, di una delle “prestazioni più deprimenti della storia” ma non individua nel solo Luciano Spalletti l’unico responsabile della disfatta.
Il guai italiani al livello sportivo e di Nazionale del resto si trascinano da anni considerando che la nostra selezione manca dai Mondiali da ben due edizioni: “Il sistema calcio va cambiato, ma semplicemente non c’è interesse a farlo“, sentenzia a questo proposito l’ex calciatore transitato anche da Milan e Inter. “Soluzioni? Sento solo chiacchiere, le stesse, da anni“. Ma per un’Italia “senza talenti“, spiega Collovati, una delle scelte coraggiose da prendere è quella di tornare ai “blocchi azzurri nelle squadre di Serie A“ proprio come è accaduto in passato in occasione dei grandi cicli vincenti.
La prima parte dell’intervista a Fulvio Collovati
Come detto Fulvio Collovati ha concesso a Roma Forever una lunga intervista. In questa prima parte – non potevamo fare altrimenti – abbiamo parlato di Italia e di cosa non abbia funzionato agli Europei. Nella seconda parte, che troverete sempre nel nostro sito a breve, ci siamo invece concentrati sulla sua carriera e in particolare del suo periodo a Roma, parlando anche di De Rossi e della squadra che sta nascendo. Intanto però ecco il suo commento su quanto visto in Germania con il giudizio su Luciano Spalletti.
“Spalletti ha sbagliato, ma non vedo alternative migliori. Il problema non è il tempo, deve capirlo. La Nazionale non è un club”
Collovati, impossibile non partire dalla Nazionale all’indomani di questo ennesimo fallimento. Di chi sono le maggiori responsabilità secondo lei?
“Non c’è un singolo colpevole. Le responsabilità sono del movimento in generale, abbiamo mancato la qualificazione ai mondiali per due volte di fila e ancora sentiamo dire le stesse cose, chiacchiere e basta. Paradossalmente i giovanissimi di allora, 10-12enni, adesso avrebbero potuto giocare. Il calcio italiano va cambiato ma non c’è interesse a farlo, tutto qua. Chi ha la poltrona se la tiene ben stretta, c’è poco da dire. I giocatori sono questi, il materiale è questo, parliamo di buoni giocatori, qualcuno ottimo, ma non è una Nazionale di talenti“.
La gestione Spalletti, al netto di quanto ha detto, l’ha convinta? Giusto o sbagliato adesso lasciare ancora lui sulla panchina azzurra?
“Ti dico di no, è stata una delle prestazioni più deprimenti della storia della Nazionale. Continuare con lui? Francamente non vedo alternative migliori. E’ giusto continuare con lui perché in fondo è un anno che siede sulla panchina azzurra, farà mente locale degli errori che ha fatto, delle scelte che ha fatto, ma deve rendersi conto che la Nazionale non è un club, non c’è bisogno di “tempo”. Lo sapeva perfettamente, non c’è il lavoro quotidiano con la squadra, e lui deve esserne consapevole”
Ormai la parola “ripartenza” ha perso quasi di significato così come gli slogan che hanno iniziato a riempire nuovamente i giornali. Dal ‘ripartiamo dalle scuole calcio’, alla ‘valorizzazione dei giovani’. Se lei ne avesse la possibilità quale decisione prenderebbe per il movimento del calcio italiano?
“Imporrei che nelle rose, ormai diventate di 30 calciatori, almeno 15 debbano essere italiani. E di questi 4-5 obbligatoriamente in campo. Non è per dare contro ai giocatori di altre nazionalità ci mancherebbe altro, ma questi ultimi devono essere un valore aggiunto delle squadre non togliere completamente spazio agli altri”.