Tre gol in meno di dieci minuti, uno dietro l’altro, senza lasciare il tempo nemmeno di respirare. Non capita spesso, e ancor meno capita che il protagonista sia lo stesso ragazzo a cui, otto anni fa, Francesco Totti consegnò la sua fascia da capitano in uno Stadio Olimpico colmo di emozioni. Quel ragazzo si chiama Mattia Almaviva, classe 2006, e il suo nome torna a far parlare, con il peso della memoria e la forza dei numeri.
Roma-Udinese Primavera è finita con un netto 9-0, ma il risultato è rimasto quasi in secondo piano. La scena è tutta per lui, per quel talento nato nel vivaio giallorosso che da bambino si è ritrovato al centro di un momento che fece il giro del mondo. Era il 2017, serata di addio per il Capitano, e lì in mezzo al campo, tra le lacrime di un popolo intero, Totti si tolse la fascia e gliela legò al braccio, lasciandogli parole che nessuno conosce davvero, ma che Almaviva porta ancora dentro.
Il passaggio da simbolo a realtà è sempre delicato, ma Mattia non ha mai forzato i tempi. Ha preferito restare lontano dalle luci, ascoltare, crescere. Ha scelto il pallone, seguendo anche il consiglio di chi, come Totti, lo ha preso sotto la propria ala. E non era solo simbolismo: c’era una volontà precisa di proteggerlo, di accompagnarlo verso qualcosa che oggi comincia a prendere forma.
La tripletta contro l’Udinese non è solo spettacolo. È una firma. Una dichiarazione di presenza in un momento chiave della stagione. Con quei tre gol, Almaviva ha spinto la Roma Primavera verso i playoff scudetto, e nel farlo ha riportato alla mente dei tifosi il talento che avevano intravisto in quel bambino con la fascia troppo larga. Ma c’è anche chi ha già avuto fiducia in lui prima di oggi.
Passato, presente e futuro della Roma
Daniele De Rossi, un’altra bandiera romanista, lo ha portato in prima squadra durante una trasferta in Australia, facendolo esordire in un’amichevole contro il Milan. A Perth, davanti a nomi come Giroud e Theo Hernandez, Almaviva ha assaggiato il calcio dei grandi, senza farne un trofeo personale ma tenendolo come ricordo utile per capire cosa serve davvero a quel livello.
Oggi è il faro della squadra di Falsini, uno dei punti fermi del gruppo, ma il suo percorso sembra appena iniziato. Non è solo questione di gol o statistiche, quanto di personalità, visione e maturità tecnica. Chi lo guarda da vicino racconta di un ragazzo consapevole, con i piedi per terra ma lo sguardo dritto verso il futuro. Il talento lo accompagna, ma è la testa che fa la differenza.
C’è qualcosa di simbolico, di magnetico, nella sua storia. Un destino cucito sul braccio da Totti stesso, che oggi torna ad avvolgere la scena calcistica con una naturalezza che solo pochi riescono ad avere. Mattia Almaviva non è più solo il bambino della fascia, ma un calciatore con una voce propria, pronto a parlare con i piedi e, forse presto, a riscrivere nuove pagine della Roma che verrà.