Paulo Dybala (profilo Instagram @paulodybala)
Durante un’intervista con Los Edul, l’attaccante della Roma si è lasciato andare a un viaggio nel tempo, tra cimeli e reliquie che non appartengono solo al calcio, ma anche alla memoria.
Il video, condiviso sui social, mostra l’argentino mentre scorre tra le sue reliquie sportive, toccando con mano i simboli della sua carriera e della sua passione. E non servono parole quando il gesto è quello di srotolare lentamente una maglia del Brescia che porta sul petto la firma di Roberto Baggio, il “Divin Codino”. Un pezzo di storia italiana che diventa parte integrante del racconto personale di Dybala. È come se, nel mostrare quel cimelio, l’attaccante dicesse tutto ciò che il rispetto e l’ammirazione non possono esprimere a voce.
Accanto a quella maglia, un’altra icona affiora tra le pieghe del tempo: la casacca dell’Argentina di Lionel Messi, anch’essa firmata, che brilla per valore simbolico e per ciò che rappresenta in termini di ispirazione. Dybala non nasconde l’emozione, anzi la lascia fluire, come se ogni tessuto risvegliasse un ricordo preciso, un momento inciso nella pelle prima ancora che nel cuore.
Non si tratta solo di oggetti, ma di frammenti di storia vissuta. Trofei minori, scarpini usati, piccoli simboli di grandi traguardi trovano il loro posto tra le pareti del suo spazio personale. Ogni elemento sembra raccontare una tappa, una svolta, un insegnamento. L’effetto è quello di una narrazione visiva, dove l’assenza di commento viene compensata dallo sguardo sincero di chi quei momenti li ha vissuti davvero.
Dybala non si limita a collezionare. Quel che mostra è qualcosa di diverso, è un atto di cura verso ciò che il calcio gli ha donato, un gesto silenzioso di gratitudine. Non ci sono esibizionismi, non c’è alcuna ostentazione. Solo ricordi custoditi con rispetto, e condivisi con chi sa guardare oltre la superficie.
Nel cuore della Roma calcistica, tra le aspettative del presente e i sogni che verranno, Paulo Dybala rivela il lato più intimo del suo percorso, quello meno visibile allo stadio, ma altrettanto potente. E mentre il pubblico si infiamma per le sue giocate, c’è un’altra dimensione che vibra con eguale forza: quella dell’uomo che, lontano dai riflettori, conserva i suoi miti e li tiene stretti, come si fa con tutto ciò che ci ha insegnato qualcosa.
In quel museo fatto di maglie e silenzi, c’è molto più di una collezione. C’è la testimonianza di un legame profondo con il gioco, un ponte tra generazioni di campioni, una linea sottile che unisce Baggio, Messi e Dybala in un’unica, emozionante traiettoria.