
Tra i tantissimi calciatori transitati dalle parti di Trigoria senza lasciare il benché minimo segno c’è sicuramente anche lui, Javier Pastore. Eppure tutti noi abbiamo ancora in mente le giocate straordinarie fatte con la maglia del Palermo: poi il grande salto al Paris Saint Germain – il fantasista venne pagato quasi 50 milioni di euro! – prima di sbarcare proprio nella Capitale. Ma qui, purtroppo, le cose non andarono come sperato.
Pastore ancora oggi rappresenta l’undicesimo acquisto più caro di sempre della Roma: 24.70 milioni, appena fuori la top 10 ma soltanto perché la scorsa estate Matias Soulé è stato pagato alla Juve una cifra di poco superiore. In giallorosso, c’è da dire, il suo esordio non era stato nemmeno da buttare: due gol di tacco, entrambi splendidi, uno all’Atalanta, l’altro al Frosinone, il debutto in Champions e il ritorno in Coppa Italia dopo la lunga esperienza all’estero. Complessivamente però il bilancio, specie per l’esborso fatto dalla società romanista, sarà alla fine deludente.
Pastore: la parabola del Flaco e il rilancio fallito con la Roma

Trequartista, mezzala, seconda punta. Inquadrarlo in un’unica posizione di campo resta ancora oggi impossibile. Pastore era il prototipo del fantasista, uno alla Dybala per intenderci. Tecnico, elegante, con una visione di gioco che in pochi altri potevano avere specie perché abbinata ad un’ottima tenuta atletica. Almeno fino a quando gli infortuni non hanno iniziato a comprometterne il fisico.
Al Palermo segna e fa sognare i tifosi: assist, gol, giocate mai banali. La squadra rosanero vive probabilmente le sue annate migliori e lo fa sicuramente (anche) grazie a lui. Da lì, non a caso, passeranno Cavani, lo stesso Dybala. Balorda nostalgia, penseranno ora i tifosi siciliani. Premiato come miglior giocatore giovane del 2010 l’anno seguente arriva la grande occasione della carriera col trasferimento in Francia, al PSG come detto. Pastore tocca il cielo con un dito.
L’arrivo a Trigoria e l’addio malinconico: poi Spagna e Qatar
Tanti trofei, soddisfazioni di squadra e personali: “el Flaco” saluta i parigini dopo sette stagioni, non prima di aver lasciato la maglia numero 10 a Neymar, comprato a peso d’oro nel frattempo dai proprietari del PSG. Cinque campionati vinti, altrettante supercoppe di Francia, 4 coppe Nazionali. Insomma, un bottino niente male. E’ a quel punto che la Roma intravede l’affare: del resto Pastore in Italia ci ha già giocato e pure alla grande, perché non ripotarlo allora in patria? La società romanista coglie la palla al balzo e lo scippa ai francesi sborsando grossomodo la metà di quanto il PSG lo aveva preso anni addietro. Ma l’affare lo faranno soltanto i venditori.
I titoli di coda arrivano nel 2021, con Mourinho che decide addirittura di metterlo fuori rosa. Il matrimonio però era già da tempo in crisi: appena un anno prima infatti si era già iniziato a parlare di una possibile risoluzione anticipata di contratto visto il suo ingaggio pesante e gli infortuni che lo avevano tenuto lontano dal campo. In mezzo anche un’operazione all’anca che però non sposta di un millimetro il destino ormai segnato. Pastore non si arrende però: prima va in Spagna (Elche), poi tenta l’avventura in Qatar. Il dio del pallone tuttavia non è più con lui.
Cosa fa oggi Pastore: la nuova vita dopo il ritiro
“Il mio corpo non ce la faceva più. La testa mi diceva di continuare a giocare ma sentivo dolori troppo forti“, ha raccontato recentemente il giocatore. Dopo essere rimasto svincolato, nel novembre scorso, ha annunciato l’imminente ritiro ufficiale al calcio. “L’infortunio all’anca mi ha limitato. Quando mio figlio piccolo mi chiedeva di giocare a pallone in giardino non riuscivo nemmeno ad alzarmi dalla poltrona per quanto male avevo”, prosegue l’ex Palermo e Roma.
“Questa cosa mi ha ammazzato. Ed è lì che la mia testa ha fatto clic: ho preferito non tornare a giocare più, operarmi per bene e godermi come si deve mio figlio che è la cosa più importante”, aggiunge Pastore. Un pensiero al ritorno in campo lo aveva comunque fatto: “Avevo lasciato una porta aperta per vedere come mi sentivo. Ma il calcio oggi è cambiato, è molto più fisico e meno tecnico. Gli allenatori ti chiedono di correre, di essere più veloce, la tecnica è passata in secondo piano. E io non sono quel tipo di calciatore”.