Roma-Austria andata e ritorno: “Volevo restare a vita”, dov’è finito lumachina

Il ricordo della Roma ai tempi di Nils Liedholm, l’ex centrocampista austriaco ripercorre la stagione che non avrebbe voluto finisse mai…

Francesca Di Nora -
Tempo di lettura: 2 minuti
Herbert Prohaska
Herbert Prohaska – RomaForever.it

Per quanto sia stato con la Roma un’unica stagione, ha nostalgia di quel periodo: “Avrei voluto durasse per sempre” ha detto in un’intervista alla Gazzetta dello sport Herbert Prohaska.

Il ricordo di Falcao e Liedholm

Arrivato a Trigoria dopo il Mondiale dell’’82 l’ex centrocampista austriaco ricorda: “Era il primo anno con due stranieri, io e Falcao. Era una Roma un po’ brasiliana, perfetta per me. Il segreto, però, era Liedholm, parlava poco, gli bastava uno sguardo”.

Nils Liedholm
Nils Liedholm – foto AS Roma

L’amicizia con Bruno Conti

Un periodo che ha segnato per sempre la vita dell’ex calciatore austriaco che in quel gruppo ha incontrato, tra gli altri, Bruno Conti che definisce: “Un fratello per la vita. Di recente ha compiuto 70 anni e gli ho fatto gli auguri”.

La festa dello scudetto: immagini indelebili

Sono vive le immagini della vittoria dello scudetto, dopo il pareggio con il Genoa, l’8 maggio 1983 allo stadio Luigi Ferraris. “La festa – racconta Prohaska – è stata talmente incredibile che, a vedere le immagini a distanza di anni, i miei nipoti sono diventati romanisti. Resto austriaco, ma ammetto che al centro-sud si festeggia in modo diverso”.

Una permanenza in giallorosso durata troppo poco…

Dopo lo scudetto “sembrava che Falcao dovesse andare via e avevano preso Cerezo al suo posto. Poi decise di restare e – spiega l’ex giallorosso – c’era uno straniero di troppo. Il presidente Viola, addolorato, mi disse che avrebbero dovuto vendermi e così tomai all’Austria Vienna. Quel giorno è stato il più brutto della mia carriera: se fossi rimasto, magari oggi la mia famiglia parlerebbe romano e non tedesco”.

Il soprannome: come mai lo chiamavano lumachina

Prohaska aveva il soprannome di “Schneckerl” che “in Italia avevano tradotto letteralmente ‘lumachina’, l’associavate alla lentezza, ma io correvo parecchio. Il termine si riferiva, invece, alla pettinatura che portavo da giovane: capelli lunghi e mossi, appunto ‘schneckerl’ in dialetto viennese”