Bove: lunga intervista a Vanity Fair, il racconto è da brividi - (RomaForever.it)
E’ un Bove lucido, razionale, quello che prova a spiegare quello che gli è successo. E lo è altrettanto quando gli viene chiesto ciò che tutti gli appassionati di calcio – tra cui moltissimi tifosi della Roma – vogliono sapere: tornerà a giocare? E se sì dove? Come farà col defibrillatore? Ma nelle storie, si sa, è sempre bene raccontare tutto dall’inizio. Quindi non si può non partire dal racconto di un ragazzo di 22 anni che ha rischiato di morire: “Ricordo poco, che ero in campo e che ad un certo punto ha iniziato a girarmi la testa. Non ricordo di essere caduto, mi sono svegliato in Ospedale. Pensavo di avere avuto un incidente”.
La presa di coscienza con la realtà è poi arrivata quasi subito: “Ho capito di essere stato tanto, molto fortunato. Devo essere grato alla vita. Non so come sarebbe stato in un’altra circostanza”. Bove, prosegue, ha dovuto però fare i conti con il “dopo”, con il ritorno ad una pseudo normalità non più legata al calcio com’era prima. Un passaggio che il calciatore aveva ripetuto anche a Sanremo: “Mi sento vuoto, prima avevo una routine, ora non ho uno schema da seguire. Faccio tantissime cose al giorno ma a fine giornata mi chiedo: ma che ho fatto oggi?”.
Guai a parlargli di tristezza – “ma no, che. Zero proprio“, dice l’ex Roma – ma è inevitabile che qualcosa si sia rotto nella sua vita, anche se forse (speriamo) solo temporaneamente. “So che è un periodo, una condizione temporanea“, ammette Bove. “Ci sono volte che mi sveglio e non so dare un senso alla giornata”, aggiunge.
Si torna di nuovo su quella maledetta serata: “Se ricordo qualcosa del momento in cui ero incosciente? No, il nulla. Mi hanno raccontato però che quando ero in ambulanza ho fatto un po’ di casino, gridavo, mi dimenavo. Ho urlato “Fiorentina” fortissimo. Mi hanno dovuto legare”.
La parte finale dell’intervista è riservata all’argomento più delicato, il suo futuro come calciatore. Bove, che sogna sempre la Nazionale (“è un obiettivo, significa entrare nella storia”), spiega così quello che potrebbero riservargli i prossimi mesi.
“Se si decide di mantenere il defibrillatore sottocutaneo, in Italia non potrò giocare: qui da noi la salute viene prima dell’individuo, e non sto dicendo che sia una regola sbagliata. Ma all’estero sì, praticamente ovunque. Gliel’ho detto, il calcio è troppo importante per me, non posso permettere a me stesso di mollare così. Io ci riprovo, senza ombra di dubbio. Non escludo affatto di poter togliere il defibrillatore: i medici mi stanno dicendo che c’è questa possibilità. E se fosse estero, non mi spaventa. Già quest’estate sono stato vicino ad andare a giocare all’estero (Nottinngham Forest, ndr). Non ho difficoltà ad adattarmi, mi basta trovare una mia routine”