
Un episodio che ha scosso l’ambiente calcistico e non solo: durante una partita tra Parma e Roma, uno striscione comparso sugli spalti ha suscitato un’ondata di indignazione. La presenza di un simbolo che richiama l’antisemitismo, accostato a un riferimento razzista, ha riacceso il dibattito sul razzismo nel calcio. Un messaggio che ha fatto riflettere sull’intolleranza che, purtroppo, continua a manifestarsi anche in ambienti che dovrebbero promuovere il rispetto reciproco.
Mario Venezia, presidente della Fondazione Museo della Shoah di Roma, ha espresso la sua preoccupazione riguardo all’episodio, parlando in modo deciso alle telecamere di Adnkronos. “Non è la prima volta che assistiamo a insulti antisemiti che non hanno nulla a che fare con il mondo del calcio” ha dichiarato. Per Venezia, la partita rappresenta un momento di svago, dove i tifosi, pur nella loro passione, si dovrebbero limitare a scherzare con gli avversari, ma sempre “con modalità civili”. L’episodio accaduto, invece, è andato oltre, dimostrando che il razzismo non conosce confini di squadra. Il simbolo comparso sugli spalti, che accostava la stella di David al logo della Lazio con la scritta “peggior nemico”, ha suscitato un’ondata di reazioni, in particolare per il chiaro messaggio di odio razziale che veicolava.
Cosa è successo e cosa rischia la Roma
Il messaggio era chiaro: “Il razzismo non ha una squadra”, ha affermato Venezia, mettendo in evidenza come episodi simili siano purtroppo ricorrenti e diffusi nel mondo dello sport. “Questi fenomeni devono essere contrastati con fermezza”, ha aggiunto, sottolineando la necessità di agire costantemente per fermare il dilagare di atteggiamenti xenofobi e razzisti negli stadi. La lotta contro il razzismo, secondo Venezia, è un impegno che non deve mai venire meno, “anche se contrastarli richiede una continua attenzione e fatica”.
L’ex calciatore ha anche messo in luce un aspetto che, se ignorato, può portare a conseguenze ben più gravi. “Quando si accettano certe frasi o determinate accuse, si inizia a abbassare la guardia. E questo porta a un aumento dei toni, che può culminare in atti di violenza”, ha osservato Venezia, richiamando l’importanza di non lasciare passare sotto silenzio frasi o comportamenti offensivi. Parole che sembrano innocue, ma che, nel tempo, possono alimentare una spirale pericolosa.
Per l’attivista, non si tratta di “parole dette al vento”, ma di dichiarazioni estremamente gravi che devono essere condannate fermamente. Il suo appello è stato chiaro: “I responsabili devono essere individuati e chiamati a rispondere delle loro azioni”. Il fatto che nel 2025 ci siano ancora persone che non comprendono la gravità di espressioni razziali è una realtà che preoccupa e deve essere affrontata con determinazione.
Le autorità, intanto, stanno indagando sull’incidente. La Digos di Parma ha avviato le indagini, utilizzando le telecamere dello stadio Tardini per individuare i responsabili dell’affissione dello striscione. Gli inquirenti stanno cercando di fare chiarezza sul chi e sul perché di un gesto che ha offeso non solo i tifosi, ma l’intera comunità sportiva e non solo. Le verifiche sono ancora in corso, ma l’importanza dell’episodio va al di là della semplice punizione dei colpevoli: si tratta di un monito a non abbassare mai la guardia contro l’intolleranza.