La famiglia dei Friedkin, almeno nelle intenzioni, è pronta e anzi si appresta a rilanciare la Roma. L’obiettivo è risollevarla dal baratro in cui è sprofondata quest’anno: tre allenatori cambiati, un futuro tornato incerto, una posizione in classifica da mettersi le mani tra i capelli. Insomma, nulla a che vedere con quanto immaginato appena pochi mesi fa. Il gruppo americano, da questo punto di vista, c’è da dire che l’impegno ce lo ha sempre messo, se non altro in termini economici: lo testimoniano i 120 milioni spesi in estate sul mercato. Semmai sono state le scelte ad essere state sbagliate.
Più o meno, verrebbe da pensare, per quanto accaduto all’Everton, squadra di cui da poche ore la famiglia americana è entrata ufficialmente in possesso. Certo, sulle scelte operate dal club inglese in questi ultimi mesi – il club ha incontrato grossomodo le stesse difficoltà della Roma – i Friedkin non hanno responsabilità ma di fatto adesso toccherà al loro risollevare le sorti dello storico club.
Roma ed Everton, quante grane per i Friedkin! Subito il calciomercato poi…
Per entrambe le squadre dunque la famiglia texana dovrà innanzitutto pensare al calciomercato per cercare di rafforzare gli organici a disposizione di Ranieri e Sean Dyche (che resta sempre appeso ad un filo). L’Everton, così come la Roma, naviga davvero in brutte acque: i toffees sono al 16esimo posto in classifica con appena tre punti di vantaggio dalla terzultima. I giallorossi sono invece posizionati leggermente meglio occupando per ora il 12esimo posto, dunque quasi a metà classifica.
Il dato però non deve ingannare considerando che ci sono tante squadre in pochissimi punti. Non a caso la zona retrocessione è a soltanto due lunghezze di distanza. E’ evidente quindi che le prime mosse per rilanciare tutte e due le piazze passeranno dalla sessione invernale, quantomeno per sistemare nel miglior modo possibile la stringente attualità. E soltanto in seguito si potrà pensare a pianificare il futuro.
L’esperto: “Acquisto Everton? I Friedkin non hanno fatto l’affare con la ‘A’ maiuscola”
In queste ore si registra inoltre una notizia rilanciata dall’Inghilterra che riguarda da vicino proprio i Friedkin. Sì perché adesso che la procedura di acquisizione del club è ufficialmente conclusa è possibile comprendere quanto effettivamente la famiglia texana abbia sborsato per comprare il club.
Una notizia che, chiaramente, riguarda anche la Roma poiché è evidente che qualche ripercussione sulla gestione societaria giallorossa ci sarà, anche se al momento non è facile ipotizzare di che portata.
Ad ogni modo, spiega l’esperto di finanza Stefan Borson, va sottolineato come in realtà i Friedkin “non abbiano fatto poi chissà quale ‘affare’ nel comprare la società”, se si guarda cioè alla mera convenienza economica dell’operazione.
Molti analisti sostengono infatti che il gruppo americano abbia rilevato l’Everton a cifre più che contenute e anzi vantaggiose. La verità sarebbe però un’altra. Spiega infatti Borson a Football Insider:
“Penso che ci sia stato qualche malinteso su ciò che hanno pagato i Friedkin. Bisogna scomporre il prezzo che hanno pagato per le azioni, ma anche farsi carico del debito che c’è. Moshiri (il Presidente uscente, ndr) ha capitalizzato 450 milioni di sterline del suo debito, il che significa che è sparito”.
A quanto ammonterebbe quindi la somma sborsata dai Friedkin per rilevare l’Everton? Prosegue l’esperto:
“Ci sono circa altri 650 milioni di sterline di debito in tutto il club attraverso varie parti e tutto questo sarà stato assunto in sostanza da Friedkin. Tirando le somme la famiglia americana ha pagato circa 700 milioni di sterline per il club nella sua interezza”.
Ma non finisce qui.
“Oltre a questo, ci sono i soldi che dovranno mettere per i costi di gestione per portarlo a una sorta di livello minimo. Se si guarda alla spesa essenziale di 700 milioni di sterline più forse 100 milioni di sterline in aggiunta per i costi di gestione nel prossimo anno o giù di lì, stiamo parlando di un accordo per 700-800 milioni di sterline. Penso che alla fine tutto sommato si sia trattato di un buon affare, ma non è “l’affare” di cui si è parlato”.