50 anni di ‘Roma, Roma, Roma’: l’inno non è stato ideato da Venditti: tutto sulla sua storia che nessuno conosceva

Dalla sua nascita agli studi RCA al primo ascolto allo Stadio Olimpico, scopri come l’inno della Roma ha conquistato il cuore dei tifosi diventando una leggenda immortale.

Melissa Landolina -
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inno as roma 50 anni
Francesco Totti e Antonello Venditti (ansa foto)

Era il 15 dicembre 1974, un giorno che sarebbe entrato nella storia della Roma e dei suoi tifosi. Durante una partita contro la Fiorentina, dagli altoparlanti dello Stadio Olimpico risuonò per pochi secondi una melodia destinata a rimanere per sempre nel cuore dei romanisti: “Roma (non si discute, si ama)”, meglio conosciuta come “Roma, Roma, Roma”. Quel giorno, la rete decisiva di un giovane Penzo regalò la vittoria ai giallorossi, ma fu l’esordio dell’inno a trasformare quella data in un momento indimenticabile.

La genesi di un capolavoro

L’inno della Roma non è solo una canzone: è un’opera d’arte nata dall’amore e dalla passione di un gruppo di artisti romanisti. Giampiero Scalamogna, noto con lo pseudonimo Gepy & Gepy, fu il primo a immaginare le note e il testo che avrebbero rappresentato il cuore pulsante della tifoseria giallorossa. Antonello Venditti, con la sua voce inconfondibile, diede poi vita a quelle parole, rendendole immortali.

L’idea nacque negli studi della RCA a via Sant’Alessandro, dove De Sisti, Cordova e Liguori registrarono le seconde voci, accompagnando la melodia che avrebbe fatto cantare generazioni di tifosi. Sul lato B del disco furono incisi i cori del Derby vinto il 1° dicembre 1974, un dettaglio che sottolinea quanto l’inno sia radicato nella storia del club.

Il contributo di un gruppo di artisti

Oltre a Scalamogna e Venditti, il testo fu arricchito da Sergio Bardotti e Franco Latini, con quest’ultimo che ottenne di firmare l’opera per la sua fede romanista, nonostante non avesse contribuito direttamente alla stesura. “Ammazza oh, quant’è bella sta canzone! Me la fate firma’ pure a me?”, avrebbe detto Latini.

Un dettaglio curioso riguarda una strofa del testo originale. La frase “T’ha dipinta Dio” fu considerata troppo audace per i tempi e sostituita con “T’ho dipinta io”, mantenendo intatto il suo messaggio poetico.

L’impatto immediato sui tifosi

La prima diffusione dell’inno fu accompagnata da una multa per la Roma: durante le partite, la normativa dell’epoca non consentiva l’uso di musica dagli altoparlanti. Nonostante questo, “Roma, Roma, Roma” conquistò subito i tifosi, diventando un simbolo della passione giallorossa. Dopo qualche anno di silenzio, tornò a essere suonato regolarmente allo stadio dalla seconda metà degli anni ‘90, riaccendendo l’entusiasmo di tutta la tifoseria.

L’eredità di Gepy

Gepy & Gepy, scomparso nel 2010, ha lasciato un’eredità che va oltre la musica. Con “Roma, Roma, Roma”, è riuscito a dipingere un affresco eterno, un canto che risuona non solo allo stadio, ma nel cuore di ogni romanista.

Con le sue parole semplici e potenti, l’inno è diventato un simbolo d’amore e appartenenza, un legame indissolubile tra la città, la squadra e i suoi tifosi. Un capolavoro che non si discute: si ama.