La AS Roma ha agito nel rispetto delle regole. Ancora una volta il Giudice del Tribunale (in questo caso in particolare la III sezione lavoro) ha dato ragione al club giallorosso che non dovrà corrispondere la cifra monstre di 5 milioni di euro chiesta dalla controparte.
Si tratta di un pronunciamento importante anche perché arrivato in Corte d’Appello. La vicenda risale alla prima gestione americana targata James Pallotta e si trascina da anni: protagonista del caso è l’ex Direttore Sportivo Gianluca Petrachi finito in causa con la Roma dopo essere stato sollevato dall’incarico nel giugno 2020.
A monte della vicenda ci sono alcuni contrasti sorti tra la Presidenza e l’allora Dirigente. Accuse reciproche e attacchi che, alla fine, finirono in una battaglia a carte bollate. Petrachi ha sempre ritenuto ingiusto il provvedimento adottato dalla società che di fatto decise di interrompere prematuramente l’accordo lavorativo con due anni di anticipo (il suo contratto scadeva nel 2022, ndr).
Diversi i motivi che portarono all’addio del Dirigente, come ricostruisce stamani Il Tempo. In particolare si fa riferimento a due SMS che Petrachi avrebbe inviato all’allora Presidente dal contenuto “offensivo” oltre ad altre accuse della società.
Al DS, spiega il quotidiano romano, vennero imputati anche alcuni comportamenti tenuti durante l’emergenza Covid, come il fatto di essere rimasto in Puglia con la famiglia disinteressandosi dei calciatori e dello staff giallorosso durante il lockdown. In più gli vennero contestate anche altre dichiarazioni.
Arriviamo così al processo. Petrachi, per essere stato licenziato, aveva chiesto ed ottenuto in primo grado un maxi risarcimento da 5 milioni di euro. Inizialmente, dunque, era stato riconosciuto dai Giudici il licenziamento senza giusta causa. Tuttavia il Tribunale ha accolto il ricorso presentato dalla Roma e ha dato torto all’ex Direttore Sportivo che aveva deciso di impugnare la sentenza.
Ricordiamo che Petrachi aveva ricevuto inizialmente l’intera somma, prima che il Giudice, nel giugno 2023, ribaltasse la sentenza di primo grado che gli aveva dato ragione. Era stato a quel punto che l’ex Dirigente si era opposto al provvedimento che però, come visto, oggi è stato respinto. Adesso, in attesa delle motivazioni, la palla passa in Cassazione: per l’ultimo capitolo di questa travagliata vicenda che si trascina ormai da 4 anni.