Daniele De Rossi e Ivan Juric, due facce della stessa medaglia. La panchina della Roma sarà accompagnata, almeno per questa stagione, dal confronto di questi due volti. Prima e dopo. Inutile rievocare passato e presente perchè DDR – a differenza di Juric – sarà sempre una certezza dei colori giallorossi. Questo è il primo punto da cui partire.
Per quanto concerne il croato, come principale attenuante, c’è di essere arrivato quando a Trigoria il clima non è dei migliori. Successe anche a De Rossi, ma per storia e tradizione arrivare dopo Mourinho non è incombente come sostituire una bandiera. Il tecnico ex Genoa e Verona si trova a dover lavorare con uno stato d’animo collettivo che passa dall’amarezza alla malinconia.
Quando è andato via lo Special One, c’era rabbia. La presenza di De Rossi, però, ha acquietato il malcontento. Juric non può contare neppure su una rendita passata: nei fatti è un completo estraneo che prende il posto di un pezzo – anche abbastanza importante – della storia del club capitolino. A DDR per entrare in sintonia con i giocatori è bastata una cena all’interno di un noto ristorante di Ostia: il tecnico portò tutti a mangiare fuori, per fare gruppo e conoscersi.
Sentore che qualcosa stava cambiando, ma c’era ugualmente voglia di uscire dalla crisi emotiva e di risultati. Cosa effettivamente accaduta anche grazie al collante che l’ex centrocampista giallorosso ha saputo restituire in panchina. Un uomo spogliatoio sin dai tempi in cui giocava, questa empatia De Rossi ha saputo svilupparla ulteriormente allenando.
Per i vertici societari non è bastato. Allora hanno chiamato un traghettatore – esattamente come lo era l’ex numero 16 – più tecnico che dovrebbe riportare i giallorossi nelle posizioni più alte della classifica. Il risultato, per il momento, è che la Roma somiglia sempre più a un cantiere aperto: Juric dovrà dirigere i lavori.
Il tempo c’è: a differenza di De Rossi – quando è subentrato a Mourinho – il croato non ha solo 6 mesi di tempo. C’è quasi tutta la stagione. Un anno per conoscere gli uomini che ha a disposizione ed entrarci in sintonia. Fare un’altra cena, in stile DDR, è fuori discussione. Non ha la confidenza e neppure la disponibilità. Il calendario preme.
Allora via subito in un mini ritiro. Si dorme a Trigoria dal venerdì fino alla domenica. Dopo la partita con il Venezia tutti a casa e ci si ritrova il lunedì. Un modo per unire l’utile al dilettevole: allenarsi, conoscersi e capire. Fare gruppo senza perdere di vista gli obiettivi. Sessioni ponderate e organizzazione tattica.
Uno stile “caserma” che serve soltanto a impostare il lavoro – e il legame – da portare avanti per il resto della stagione. Un weekend conoscitivo. Il croato aveva provato a parlare alla squadra in questi primi giorni. Qualche discorso è stato fatto: sono arrivati una vittoria e un pareggio. Ora serve continuare a carburare. Il mini ritiro è stato utile proprio per stabilire una stessa direzione da percorrere insieme.
Quello di De Rossi, per i giocatori (parola di Pellegrini e Mancini) è stato un esonero non voluto. Attualmente, però, c’è Juric. Andare avanti insieme a lui per una stagione significa anche assecondare nuovi metodi, capirli diventa più facile se ognuno riesce a fare la propria parte. Un ritiro non sarà gustoso come una cena, ma è stato funzionale. Termine con cui la Roma, almeno per quest’anno, dovrà imparare a convivere.