Eusebio Di Francesco è un altro di quei profili che hanno amato e vissuto Roma nel profondo, magari la Città Eterna dal punto di vista sportivo non gli ha restituito quanto avrebbe voluto. Una finale di Champions League solo accarezzata, una semifinale raggiunta con una rimonta nel 2018 che sa di storia. Anche tanti rimpianti e qualche rimbrotto.
Eusebio, da calciatore, era un centrocampista assennato. Quelli che oggi definirebbero ragionieri di centrocampo. Di Francesco ragionava e giocava al massimo per la squadra. Portava i palloni a Totti quando la Roma non aveva gli stessi campioni che possiamo vedere oggi. E soprattutto non aveva quei fenomeni che successivamente il Di Francesco allenatore ha potuto allenare.
Basti pensare alla difesa: Manolas, Fazio, Kolarov, Florenzi. Non proprio nomi qualunque. Se poi passiamo al centrocampo la situazione diventa ancora più accattivante: De Rossi, Strootman, Nainggolan. L’attacco – infine – è un vero e proprio canto del cigno: El Shaarawy, Perotti e Dzeko.
Di questa squadra, che non è propriamente la formazione che ha vinto contro il Barcellona di Lopetegui, ma ci va molto vicino, è rimasto soltanto El Shaarawy. Gli altri hanno preso strade diverse: non ultimo De Rossi, accompagnato alla porta come accadde con Di Francesco, malgrado si trattasse di proprietà diverse.
Un gioco proficuo che, in entrambi i casi, non è stato capito fino in fondo e chi doveva crederci non ci ha creduto abbastanza. Ora Di Francesco allena il Venezia, prossimo avversario della Roma in campionato, e vuole fare la gara della vita. Per dimostrare che a Roma – a lasciarlo andare – hanno fatto un errore. Rivincita che, da avversario, non è ancora arrivata.
Spera EDF di sfatare il tabù Olimpico proprio con i veneti. Dall’altra parte troverà Juric, un esordiente per quanto riguarda la Città Eterna, ha allenato ovunque. Roma, però, è come il Battesimo del fuoco: affrontarla – così come allenarla – ha un sapore particolare. Allora una comune partita della domenica pomeriggio alle 15.00 diventa speciale. I giallorossi, anche se solo per 90 minuti, ritrovano il proprio passato e con un presente da ricostruire non sarà soltanto la nostalgia a farla da padrone.