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Roma, dai cappelli agli alberghi di lusso: l’iconoclastia dei Friedkin spiegata bene

Roma, i Friedkin stanno rivoluzionando la società giallorossa dall’interno con una cultura iconoclasta: cosa significa in termini pratici.

I Friedkin premono sull’acceleratore. L’esonero di De Rossi rappresenta una scelta chiara e semplice. La proprietà giallorossa guarda solo ai risultati: il resto lo mette da parte. DDR aveva realizzato 0 vittorie in quattro giornate e la proprietà lo ha allontanato. Senza troppi convenevoli. La stessa cosa ha fatto con Mourinho.

I texani guardano alla quantità e alla qualità, ma ancor prima fanno caso alle situazioni per poi agire. Qualcuno li ha definiti, per usare un eufemismo, impulsivi. No: loro sono iconoclasti. Arrivano per distruggere il passato e rivitalizzare il presente. L’addio di DDR è stato un esempio lampante: una bandiera ammainata senza esitazione e nel modo più brusco che potesse esserci.

Roma, la rivoluzione dei Friedkin

Quasi a far capire che tutti sono utili e nessuno, ma proprio nessuno, è indispensabile. Questo lo diceva, in modo più accorato e inevitabilmente più razionale, anche Dino Viola. Il quale asseriva che il calciatore o l’allenatore non vadano divinizzati. Conta la maglia, i colori, la società. Il resto può aspettare. Mantra che funziona se, però, arrivano i risultati.

La proprietà giallorossa pronta all’ennesima rivoluzione (RomaForever.it)

La Roma, nel passato recente, ha fatto due finali europee, ne ha sfiorata una terza vincendo una volta sola. La seconda possibile vittoria è stata una beffa per via di un Taylor di troppo, ma al netto di questo i Friedkin hanno smantellato tradizioni, abitudini e personaggi iconici per non arrivare a nulla. Costretti, per diversi motivi, a ricominciare da zero ogni volta. Questa con Juric non fa eccezione.

Tra iconoclastia e tradizione

Se le icone vengono messe da parte, il culto romanista viene veicolato come principale forma di attrazione. I giallorossi sono fra i primi club in Italia per quanto riguarda prodotti, gadget e merchandising. Tutto si vende, tutto si piazza sul mercato in espansione. Dai cappelli personalizzati alle maglie speciali. Gli anelli incisi con i simboli di Roma, al pari delle grandi squadre di baseball e basket americane.

Tifosi curva sud Roma – Romaforever.it

Una serie di accortezze che ipnotizzano il tifoso per distogliere l’attenzione su quanto ancora c’è da fare. La Roma accattiva il proprio pubblico togliendogli al contempo i riferimenti di una vita. La tradizione di un club messa in dubbio con l’addio delle sue icone principali: Totti, mai richiamato dopo l’era Pallotta, e De Rossi usato come agnello sacrificale sull’altare di un mercato mai domo per sopperire al malcontento dovuto all’esonero di Mourinho.

Le ripercussioni sul brand

Pedine, persone, scambi, intrecci. Nel frattempo la reputazione economica della Roma cresce grazie ai prodotti correlati. I Friedkin non badano troppo al pubblico romano, ma guardano alla platea internazionale: non è un caso che i giallorossi, da quando ci sono i texani al comando, siano diventati popolari anche in Europa e negli USA.

Protesta Curva sud, lo striscione contro la proprietà – Romaforever.it

A livello internazionale l’opera di promozione sta procedendo bene. Tradotto: la Roma si vende meglio anche se ha fatto tabula rasa dei rappresentanti della romanità e della tradizione giallorossa. Questo perchè la patria, nel linguaggio del business, non è altro che il bacino d’utenza disposto a valorizzare un’idea. A scapito di qualsiasi cosa.

Effetto boomerang

Persino di simboli e uomini che, a Roma, sono senza tempo. Una politica che va bene nella Città Eterna, almeno fin quando resiste la sopportazione del pubblico. Ora la rivoluzione interna è cominciata, ma se non arrivano i risultati l’effetto boomerang sarà la vera incognita da combattere in un futuro da vivere e un presente ancora ricco di incertezze.

Andrea Desideri
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Andrea Desideri
Tags: friedkinroma