La sosta Nazionali offre diversi spunti e altrettanti pensieri su cui riflettere. I primi sono senz’altro di natura tattica, con gli azzurri che sembrano aver imparato la lezione di Euro 2024 e sono arrivati in Nations League motivati oltre che con una trama di gioco efficace che ha portato due vittorie, mentre i secondi spunti di riflessione sono di natura dialettica e diplomatica.
L’Italia ha giocato prima contro la Francia e poi contro Israele – a Budapest, per motivi di sicurezza – e in quest’ultima occasione è stato chiesto a Luciano Spalletti, in qualità di Commissario Tecnico della Nazionale Italiana, di esprimere un suo pensiero su quel che sta accadendo, ormai da ottobre scorso, a Gaza con centinaia di migliaia di morti.
In altre parole: gli è stato chiesto di esporsi, per quanto possibile, sulla situazione israelo-palestinese. In primis in molti si sono chiesti come mai venisse interpellato proprio Spalletti sul tema. La risposta è semplice: il Commissario Tecnico, e questo vale in qualsiasi Nazionale, è anche un Ambasciatore. Motivo per cui viene definito Commissario Tecnico e non allenatore, come avviene per una squadra di club.
Il CT, nello specifico, quando allena l’Italia, rappresenta il Paese anche a livello diplomatico. Non gli viene chiesto un trattato sulla politica internazionale, deve soltanto allenare i migliori del proprio Paese, ma è normale che quando si va a incontrare una compagine come quella israeliana il dibattito possa prendere un’altra piega.
Queste le parole di Spalletti su quel che sta succedendo a Gaza: “È lo stesso discorso che abbiamo fatto con l’Ucraina: saranno determinati a far vedere il loro problema sociale, le difficoltà che stanno vivendo mettendo il doppio della voglia. È da situazioni così che arrivano le risposte alle difficoltà che si hanno”.
Dichiarazioni simili hanno fatto scoppiare la polemica: i tifosi avrebbero preferito che il CT affrontasse il discorso leggermente più di petto. Magari dicendo la parola che, in molti, anche diversi cantautori, hanno detto senza paura in altri contesti. Sarebbe bastato, secondo i più scettici, anche soltanto uno “Stop al genocidio”. Invece di prenderla così alla larga.
Insomma, a parte della Rete e non solo, ha dato fastidio il fatto che Spalletti – per restare in tema calcistico – abbia dato una risposta da zero a zero. Senza esporsi troppo, sottolineando quello che era già sotto gli occhi di tutti. Quando poi, nel frattempo, sulle tribune, i tifosi italiani – in segno di dissenso per i fatti di Gaza – hanno voltato le spalle durante l’Inno di Israele. Come dire: “Io non ci sto”. Ecco, quindi, perchè le parole di Spalletti sono sembrate troppo morbide a gran parte della platea azzurra.
Qui si apre un altro capitolo. Quello che mette insieme, per forza di cose, calcio e diplomazia: il CT, come sottolineato, non è una figura qualsiasi. Rappresenta l’Italia anche a livello diplomatico. Questo spiega perchè Spalletti si è esposto anche su temi di natura politica e di cronaca, come la violenza perpetrata da Filippo Turetta ai danni di Giulia Cecchettin.
In quel caso il Commissario Tecnico aveva esposto una posizione netta di contrarietà a quanto accaduto. Non si parlava di calcio, ma si parlava di vita vissuta. Quella che lo sport dovrebbe aiutare a migliorare. Soprattutto nei contesti di difficoltà. Allora la domanda resta: perchè Spalletti, visto che non ha mai risparmiato dichiarazioni scomode, non si è speso per chiedere la pace in quelle terre? La risposta è semplice, ma non universalmente accettata: la sedia del CT, compreso il microfono, non è un pulpito. In Italia si teme sempre il rischio di passare per coloro che fanno proclami e pontificano da lontano.
L’allenatore, in questo particolare caso, ha preferito rispettare un sottilissimo confine: quello che passa dal silenzio all’oltraggio. Ovvero, piuttosto che dire cose che sarebbero potute essere mal interpretate, ha preferito dire tutto per non aggiungere nulla a quel che si sa già. Decisione possibile, ma non sempre rispettabile. Infatti ai tifosi azzurri questa “neutralità” su un tema così spinoso non è andata giù. Il rischio è che il Commissario Tecnico, restando in silenzio sui fatti di Gaza, abbia fatto più rumore del dovuto. Ci ha poi pensato il campo a parlare, anche se l’impressione è che per alcuni non sia bastato.