Qualsiasi tifoso giallorosso avrà nei suoi ricordi più felici le sgroppate di Marcos Cafu sulla fascia destra e la sua incredibile intelligenza calcistica. Cafu è stato il terzino titolare della Roma per ben 8 stagioni, fino al 2003. Con la maglia della Roma ha conquistato lo storico terzo scudetto del 2001 e la successiva Supercoppa Italiana.
Dopo aver detto addio ai giallorossi, il calciatore si è accasato al Milan dove ha continuato a far brillare la sua stella fino al 2008, anno del suo ritiro. Marco Cafu è considerato all’unanimità uno dei terzini più forti della storia del calcio. Con la maglia del Brasile detiene ancora il record storico di presenze (ben 142).
C’è un dato, poi, che fa capire quanto Cafu sia stato un calciatore strabiliante. Il brasiliano è l’unico nella storia ad aver disputato tre finali consecutive dei Mondiali – fra il 1994 e il 2002 – vincendone due.
Soprannominato il Pendolino, nei cuori di tutti i tifosi giallorossi ci sono ancora le immagini dello storico sombrero eseguito sull’allora laziale Pavel Nedved durante un infiammato derby capitolino di quel periodo.
Nelle ultime ore Cafu ha ricordato la sua lunga e stupenda esperienza a Roma. Le sue parole faranno di sicuro piacere a tutti i tifosi giallorossi.
Il mitico Marcos Cafu, il quale ha compiuto 54 anni lo scorso mese di giugno, ha rilasciato una lunga intervista per la rivista inglese FourFourTwo. Il difensore ha ricordato i suoi 8 anni a Roma, soffermandosi sull’anno dello scudetto, cioè il 2001.
Queste le sue parole in proposito: “Avevamo una squadra incredibile. C’erano giocatori come Gabriel Omar Batistuta, Vincenzo Montella e Marco Delvecchio in attacco, Francesco Totti e Marcos Assunçao a centrocampo, più Aldair, Zago, Walter Samuel e Vincent Candela in difesa. Era una squadra piena di talento. La Serie A all’epoca era il campionato migliore d’Europa“.
C’è, poi, anche un aneddoto sui suoi primi giorni a Roma e sul suo primo compagno di stanza: “Avrebbero potuto mettermi nella stanza di Aldair, ma invece mi sistemarono con Tetradze. Passavamo 24 ore a guardarci e a guardare le partite, incapaci di comunicare tra di noi. È stata un’esperienza. Questo mi ha stimolato a imparare più velocemente la lingua e a sentirmi a casa più in fretta“.