I venti minuti giocati insieme a Cagliari saranno con ogni probabilità gli unici passati insieme in campo in una partita ufficiale tra Paulo Dybala e Matias Soulé. I due argentini, già compagni alla Juventus, non riuscirono ad avere la possibilità di scambiarsi il pallone in un match in bianconero. Nell’ultima partita di Dybala con la Vecchia Signora, la Joya chiese a Landucci, vice di Allegri, di inserire il classe 2003 per poter consacrare il momento, ma i cambi a disposizione del mister erano finiti.
Per questo molti speravano e sognavano che la coppia potesse diventare affiatata, nella Capitale, anche in campo come fuori. Ma la ventina di minuti dell’Unipol Domus rimarranno gli unici. La Joya ha accettato il contratto monstre da 75 milioni di euro netti in tre anni dall’Al-Qadsiah e la Roma ha alleggerito il bilancio. Contenti entrambi (forse), tifosi e Soulé sicuramente meno.
Ma nel calcio come nella vita, si sa, si volta pagina in fretta. E quindi il passaggio dalla “Roma di Dybala” alla “Roma di Soulé” potrebbe essere veloce. Ma sarebbe l’errore più grosso che si potrebbe fare. Le qualità del 2003 sono indiscutibili, ma non può sopportare (ancora) un peso così grande.
Quando due anni fa Dybala arrivò a Roma era un talento indiscusso di 29 anni, che aveva vinto molto da protagonista con la Juventus e che solamente per problemi legati alle sue condizioni fisiche non è rimasto costantemente nell’élite dei migliori al mondo. L’incoronazione a leader assoluto era automatica e la Joya sapeva di non poter tirarsi indietro davanti alla responsabilità di essere il giocatore più importante della rosa.
Per Soulé però è diverso. Il ragazzo ha 21 anni ed è solamente alla terza stagione in Serie A: lo scorso anno a Frosinone è stato il trascinatore della squadra di Di Francesco, ma nel ritorno, quando le attenzioni su di lui sono aumentate, il rendimento è calato. E giocare per i ciociari, con tutto il rispetto, non è come giocare per la Roma.
Le pressioni sono tante, l’ambiente lo si conosce a memoria. Basta una prestazione e vieni idolatrato, qualche passo falso e vieni criticato. Ma Soulé è da salvaguardare: è il presente e il futuro della Roma. Ha qualità eccezionali ma anche tanto margine di crescita. Può e deve ancora sbagliare per completare questo procedimento. L’argentino deve essere un’arma letale della squadra di De Rossi, non un ombrello che ripara dai problemi. Appesantirlo di responsabilità che le sue spalle al momento non possono reggere sarebbe controproducente. E sbagliato.