“La Roma prima di tutto”, quasi un mantra che Daniele De Rossi si ripete più o meno da tutta la vita: da quando era un semplice tifoso, poi calciatore, capitano, bandiera e ora allenatore.
Non ha mai avuto remore a gridarlo sotto la Sud e a trovare la risposta nel clamore dei suoi tifosi che in lui hanno sempre visto il proprio riflesso.
Ora l’ha detto di nuovo, con la stessa convinzione di sempre, ma quando attorno c’è il silenzio quelle parole rimbombano così forte che sembrano quasi cambiare significato.
Sembra che lì dentro non ci sia più tutto l’amore, la passione, l’attaccamento ma che siano dette per imporre una distanza, tra noi e lui, come se non stessimo più tutti dalla stessa parte.
Perché che la Roma venga prima di tutto lo sa Daniele come lo sappiamo noi: abbiamo patito, sofferto, pianto, abbiamo superato addii, sconfitte, delusioni ma non abbiamo mai preferito niente e nessuno a quella maglia e a quei colori.
I nostri colori.
Non vogliamo più retorica
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Allora tutti quanti, ieri sera, ci siamo chiesti come fosse possibile che chi ci ha sempre rappresentato; forse l’unico, anche più di Totti, a cui abbiamo affidato la voce del nostro popolo, abbia voluto farci credere che per amore della Roma abbia preferito Zalewski a Dybala.
Questo non mette ”la Roma prima di tutto”, almeno non la Roma che vogliamo noi.
Così quel passaggio sbagliato del giovane di Tivoli (che non ce ne voglia, non ce l’abbiamo con lui) e l’entrata in campo di Paulo che ha riacceso la luce, ha rimesso ordine, ha dato un punto di riferimento alla squadra hanno solo messo in risalto quanto le parole di De Rossi stridessero con la realtà dei fatti.
E il Daniele tifoso lo sa, quel Daniele che si è travestito solo per tifare la Roma in Curva Sud durante un derby avrebbe fatto altre scelte, usato altre parole..
Perché ”la Roma prima di tutto” non è retorica ma è la fede in cui da 20 anni crediamo insieme a lui.