L’ipotesi di un addio di Paulo Dybala ad inizio stagione, non fa di certo felici i tifosi giallorossi. Tante voci illustri si sono levate contro la decisione della famiglia Friedkin, di lasciar partire quello che può essere considerato a buon titolo, il giocatore più rappresentativo (al momento) della squadra capitolina. Anche dalle colonne de “Il Messaggero”, il giornale dei romani per eccellenza, Paolo Liguori ha lanciato una stilettata contro la proprietà nel suo lungo editoriale, manifestando tutta la propria delusione per l’imminente addio dell’asso argentino.
“È molto più faticoso tifare la nostra squadra – ha commentato Liguori nel suo pezzo pubblicato nell’edizione odierna de Il Messaggero – perché periodicamente la Roma ti illude e ti esalta e poi, senza preavviso, ti lascia attonito, disorientato, in un limbo di sensazioni. E non è soltanto il caso Dybala di cui parliamo, ce ne sono stati altri nella nostra storia”.
Ironicamente, Liguori ha commentato quanto sta succedendo con un laconico ed eloquente “mai una Joya” che riassume perfettamente lo stato d’animo della maggior parte dei tifosi giallorossi.
“Forse non possiamo permettercelo – prosegue Liguori nella sua dissertazione – però è successo altre volte, troppo. Per esempio con Francesco Totti, che era un motivo concreto e fondante del nostro tifo. Alla fine lasciò, tra le nostre lacrime, però fu spinto, nonostante fosse Capitano e Re. Noi tifiamo la maglia, si sa gli uomini passano però, chi lo spiegherà a tutti quei tifosi, soprattutto bambini, che hanno comprato migliaia di maglie con il 21?”.
Nonostante tutto ai tifosi romanisti, prosegue Liguori nell’editoriale, rimangono ancora dei simboli della “romanità” ai quali aggrapparsi, rappresentati “dall’allenatore Daniele e poi c’è Lorenzo il Capitano: li sosterremo senza dubbi, perché sono come noi. E poi ci sono i nuovi, grande curiosità che cominceremo a vedere stasera a Cagliari, con voglia di vincere. Per il prossimo turno, all’Olimpico stracolmo, sapremo quasi tutto e andremo con la 21 addosso. Non per nostalgia, tanto per rispettare la memoria”.