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“Non vediamo l’ora di immergerci nella famiglia della Roma”

Quattro anni fa i Friedkin acquistavano il club giallorosso da James Pallotta: “Siamo felici di aver fatto i passi necessari per diventare parte di questa città”

Il 6 agosto 2020 la storia della Roma subiva un’importante svolta. Da un americano all’altro, il gruppo Friedkin acquistava dall’allora Presidente James Pallotta la proprietà della società giallorossa. Una maxi operazione, costosissima, chiusa infine ad una cifra pari a 591 milioni di euro, debiti compresi. Ebbene, proprio nella giornata di oggi di quattro anni fa sul sito ufficiale della Roma compariva un comunicato con il quale, di fatto, si sanciva la fine dell’era Pallotta e l’inizio del nuovo corso targato Friedkin.

“Sono lieto di confermare che l’accordo è stato raggiunto”, aveva dichiarato il Presidente uscente. “I documenti sono stati firmati e nei prossimi giorni lavoreremo assieme per completare l’iter formale e burocratico che porterà ufficialmente al passaggio di consegne per la gestione del club“. Pallotta non aveva dubbi: “Dan e Ryan Friedkin saranno dei grandi futuri proprietari dell’As Roma”. Tre secondi posti e una semifinale di Champions League il bilancio della prima gestione americana della società giallorossa che si apprestava così ad iniziare un nuovo capitolo della sua storia.

Da Pallotta ai Friedkin quattro anni dopo

James Pallotta – (RomaForever.it)

Che valore dare dunque a quelle parole pronunciate ormai quattro anni or sono? Senza dubbio fare dei confronti tra le ultime due gestioni della Roma è probabilmente prematuro, se non altro perché abbiamo a che fare con orizzonti temporali ancora troppo distanti tra loro. Quasi dieci anni quella targata Jim Pallotta, appena quattro per l’appunto quella della cordata dei Friedkin. Guardando ai soli risultati la Conference vinta costituisce comunque un punto a favore di Dan e Ryan, sebbene parallelamente in campionato non siano arrivati i risultati preventivati, specie nelle ultime stagioni. Vero, i trofei vinti sarebbero potuti essere due considerando la finale di Europa League persa ma purtroppo si sa l’almanacco del calcio non concede sconti e ricorda soltanto i vincitori. Anche a fronte di palesi torti subiti.

C’è poi da considerare la difficile situazione finanziaria con la quale hanno dovuto fare i conti i Friedkin, frenati anche sul mercato dai paletti imposti dal fair play finanziario della UEFA. Questo però non ha impedito i grandi colpi di mercato, sebbene con formule incentrate gioco-forza tutte sui parametri zero che hanno comunque permesso di far arrivare nella Capitale grandi campioni come i vari Dybala, Smalling e Lukaku. Oppure Mourinho. Oggi però, con i conti messi a posto, stiamo assistendo ad un netto cambiamento nella gestione societaria. La prova sono i quasi 100 milioni – a questa cifra ci si arriverà sicuramente a fine mercato – spesi in queste settimane a testimonianza della volontà del gruppo di continuare ad investire nella Roma. Le Fee, Dovbyk, Soulé e chissà chi altro. Quella in corso, allora, potrebbe essere l’anno della svolta della gestione dei Friedkin. Proseguendo un percorso di crescita di cui comunque abbiamo visto già diversi assaggi.

“Siamo felici di aver fatto i passi per acquistare la Roma”

Ovviamente gli errori non sono mancati, così come i momenti difficili – ricordate i volantini “Friedkin vattene” del gennaio scorso? – in cui si è parlato perfino della possibilità di una nuova cessione. Le ultime voci risalgono del resto a poche settimane fa: i Friedkin stavano trattando l’acquisto dell’Everton, poi saltato, e a Trigoria c’era aria di smobilitazione. E soprattutto un mercato fermo al palo. In un mese però è cambiato tutto. La proprietà americana ha fatto capire, con fatti concreti, di non aver perso “la volontà di immergersi nella famiglia della AS Roma“. Proprio come aveva dichiarato quel 6 agosto di quattro anni fa. Dalla scelta di De Rossi alle strategie di mercato completamente in controtendenza rispetto al recente passato. Adesso dovrà essere il campo – e magari il nuovo stadio – a darci la misura delle ambizioni dell’era Friedkin 2.0.

Luca Mugnaioli
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Luca Mugnaioli