Ogni atleta ha il suo rito. Ci sono quelli religiosi, i superstiziosi, fino ai veri e propri “maniaci” dei rituali prima della prestazione sportiva. Altri gesti invece, senza un’apparente motivazione, accomunano un po’ tutti i professionisti e prima o poi anche noi ci siamo chiesti: perché lo fanno? In tal senso sul campo da calcio siamo abituati ogni domenica a vederne di tutti i colori. Il portiere che batte i tacchetti sul palo, il segno della croce, le mani rivolte verso l’alto guardando al cielo, toccare l’erba del campo e baciare poi la mano o la maglietta.
Come detto, ad ognuno il suo. Ragionando in termini di curiosità ce n’è però in particolare una tornata al centro delle ricerche web proprio durante gli ultimi campionati Europei. Una pratica che davvero sembrerebbe “mettere tutti d’accordo” insomma. Quale? Quella dei calciatori di bere dalla borraccia e di sputare poi l’acqua a terra anziché mandarla giù. Ma perché lo si fa specie con questo caldo? Ebbene, in questo specifico caso scaramanzia o altro non c’entrano. La risposta ce la dà la scienza.
Nel corso di un match di calcio, nell’arco dei classici 90′ (che ormai sono diventati in realtà molti di più considerando i maxi recuperi che vengono concessi), un calciatore professionista può arrivare a bruciare fino a 1.080 chilocalorie. Circa 6-7 invece sono i km percorsi durante una partita con picchi, per alcuni, che possono arrivare a superare i 10. Il dispendio di energia, oltre a prevedere chiaramente una dieta specifica nel corso della settimana, deve essere reintegrato non solo all’intervallo ma anche nel corso degli eventuali momenti di break della partita.
Una punizione, un ceck al VAR, l’intervento dei sanitari per un infortunio, ecc. ogni pausa può essere sfruttata per ricaricare le batterie. Sempre più spesso gli atleti ricorrono a gel o barrette energetiche studiate appositamente per essere consumate durante l’attività sportiva. I liquidi però, anche qui ricchi di sostanze che possono aiutare i calciatori a re-integrare quanto perso, restano fondamentali per consentire il mantenimento della prestazione fino al triplice fischio. L’acqua, in tal senso, è uno degli elementi imprescindibili che non può mancare a bordo campo. Ma perché allora sputarla anziché buttarla giù?
La curiosità coinvolge un po’ tutti, non solo gli appassionati di calcio. Anche perché, ripetiamo, sembrerebbe all’apparenza controproducente gettare via una cosa che invece potrebbe aiutarci. Chi di noi si sognerebbe in una calda giornata d’estate di prendere un bel sorso d’acqua e poi sputarlo via? Nessuno, ovviamente. Ma nel calcio non è così. Il gesto di sputare l’acqua corrisponde infatti ad una tecnica ben precisa che si chiama mouth rising, letteralmente “bocca che si alza“. Dentro la borraccia dei calciatori viene messo un mix di carboidrati e sali minerali in aggiunta proprio all’acqua: quando quest’ultimo entra in contatto con i ricettori presenti nella bocca e in particolare sulla lingua, al cervello viene trasmesso l’input dell’arrivo imminente di nuove sostanze nutritive e fonti di energia.
I muscoli, di conseguenza, avvertiranno una minore sensazione di stanchezza convinti di ricevere a breve una “ricarica”. Anche se poi non succederà. Effetto placebo insomma? In pratica sì. Ma allora non sarebbe meglio direttamente mandare giù il composto? Ebbene, secondo la scienza, paradossalmente, il calciatore ingerendo l’acqua otterrebbe sì sollievo dalla fatica ma non riuscirebbe a migliorare la sua performance in campo. Che è l’obiettivo che si vuole perseguire. Buttare giù il liquido a grandi sorsi, dicono i medici, in realtà finirebbe soltanto per appesantire l’atleta a causa dei processi digestivi aumentandone la stanchezza. Quindi meglio sputarla via. E voi lo sapevate?