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Roma, quanto è utile la linea del silenzio voluta dai Friedkin? L’analisi

Da quando i Friedkin sono a Roma hanno sempre adottato una politica comunicativa all’insegna della riservatezza: perché?

 

Da quando hanno rilevato la Roma, ormai 4 anni or sono, dal connazionale James Pallotta, i Friedkin hanno deciso di intraprendere una strategia comunicativa davvero differente da quella adottata dal club nel passato. In sostanza, hanno preferito non parlare. I motivi? Molteplici. Che sia semplice riservatezza sembra davvero difficile crederlo, soprattuto per persone così facoltose e immerse in tanti campi del business. Voglia di agire senza proclami? Forse. Di certo non è nemmeno un discorso di esposizione mediatica, a questi livelli si è sempre sotto ai riflettori. Ma allora perché la società ha preferito seguire questa linea?

Di certo, Roma è sempre una piazza dove di chiacchiere se ne fanno parecchie. Non è l’unica per la verità. Ma in questo periodo più del solito. E quindi vedersi una società che lascia completamente il racconto di sé ad operatori esterni, lascia un po’ sconcerti. Se poi, a queste considerazioni, si aggiunge che non si conosca nemmeno il timbro vocale né di Dan né di Ryan, allora si capisce bene quanto la situazione rappresenti un’anomalia nel mondo del calcio italiano. Sta di fatto che in tutto questo tempo i texani non non hanno mai rilasciato interviste né dichiarazioni pubbliche. Silenzio tombale.

Forse, come sostiene qualcuno, la politica del no comment è volta a non voler creare aspettative difficili da realizzare. Insomma, nessuna promessa poi disattesa, come in passato. Zero proclami, nulla di nulla. Chi deve parlare lo faccia, come capita a Lina Souloukou, ma senza scomodare la proprietà. La Roma è una società di portavoce, perché la voce dei boss non arriva. O forse, altri pensano che non parlano perché – semplicemente – non c’è molto da dire. O da aggiungere a quanto si dice già in giro a mezzo stampa. Dopotutto, l’azienda è gestita coi suoi fiduciari, deve produrre ricchezza in un modo o nell’altro,  e di tutto il resto interessa poco vien da pensare…

Insomma, tutto ciò per dire che si continua col gioco del silenzio. Tanto così tutti possono dire tutto e il contrario di tutto. Quel che è certo, è che i Friedkin finora in qualche modo hanno parlato. E l’hanno fatto coi fatti. Perché nel triennio appena concluso di fatti ce ne sono stati tanti. Dai nome di grido (Mou, Dybala, Lukaku) ai successi in campo internazionale, che da secoli mancavano. Perché è vero che di vittoria c’è stata “solo” quella di Tirana, ma anche alla Puskas Arena, Taylor a parte, la coppa è stata sfiorata. E quest’anno solo il Bayer Leverkusen, squadra quasi invincibile, ha fermato la Roma in semifinale. Forse, spesso, è meglio non dire nulla: che continuino a parlare i fatti.

Giulio Benatti
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Giulio Benatti
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