Nemo profeta in patria. Pellegrini non fa eccezione, il capitano romanista è spesso osteggiato dalla tifoseria. Impossibile parlare di odio perchè i tifosi della Roma, con quella maglia indosso, non odiano mai nessuno. Tuttavia qualche remora c’è: Lorenzo Pellegrini è sempre stato un capitano sui generis. Più sobrio di Totti e De Rossi, più morigerato di Florenzi.
Il numero sette giallorosso è riservato, si tiene lontano dal clamore e soprattutto ignora volutamente i media. Non cavalca le polemiche, né tantomeno si è mai lasciato andare in dichiarazioni scomode. Nel recente passato Totti e De Rossi hanno dimostrato – con la fascia al braccio – di dare tutto per la causa. Anche a parole.
Ogni dichiarazione di Totti e DDR pesava come un macigno. Ancora oggi, quando l’ex centrocampista di Ostia parla, mezza parte di Roma tace e l’altra metà si commuove: le sue parole sono come sentenze. Non solo perchè è l’allenatore della Roma, ma anche e soprattutto perchè possiede una certa mentalità molto vicina al tifoso ma con un tale raziocinio da risultare sempre appropriata e mai fuori posto.
Allora il paragone con Pellegrini – sia nei confronti dell’ex dieci che dell’ex sedici giallorosso – non può esistere. Si può vedere (e questo lo hanno fatto davvero in pochi finora) ciò che il centrocampista romano sta facendo: Pellegrini lavora a testa bassa, evitando gesti plateali e parole di troppo. Gioca con gli infortuni in corpo, senza fare una piega.
Gli hanno detto di essere al di sotto degli standard, in maniera più o meno velata, e lui non ha cavalcato un insulto. Dal più piccolo al più grande. Si è sempre messo a disposizione: da Fonseca a Mourinho, passando per De Rossi. Tutti contano su di lui, magari con risultati diversi. Ma Pellegrini c’è. E continuerà ad esserci. A Roma lo vedono poco, tra luci e ombre.
Continua il mantra che accompagna qualsiasi ragazzo romanista e sognatore: “È intelligente, ma non si applica”. Questi rumors, che arrivano più che altro da universi paralleli come social e radio, intaccano internamente una carriera in divenire, ma non scalfiscono l’uomo che arriva in Nazionale e – anche grazie alla rinascita con la Roma – si prende gli applausi del caso.
Prima Totti (che può sembrare di parte avendolo avuto compagno di squadra), poi Baggio (e qui la musica cambia, perché il Divin Codino ancora oggi è esempio condiviso di saggezza e competenza) dicono che Lorenzo Pellegrini merita la dieci. Magari non è un uomo da copertina, non è il trequartista dalle giocate spettacolari.
Rappresenta, tuttavia, il volto di un’Italia operaia che riparte da Di Lorenzo, Barella, Jorginho, Dimarco in mezzo al campo e Scamacca davanti. In alternanza con Retegui. Non l’Italia Campione del Mondo 2006, ma l’Italia campione d’Europa che deve difendere il titolo in una traversata con tanti dubbi e poche certezze.
Una di queste è Lorenzo Pellegrini, insieme a Federico Chiesa, l’altro trequartista che deve fare il lavoro sporco nelle partite che contano. Dove serve stare lontano dai fotografi e le prime pagine per rimanere concentrati sul campo. In questo, il numero sette giallorosso non è secondo a nessuno.